Le stime parlano chiaro: il 2020, secondo molti studiosi, era stato indicato come l’anno in cui si sarebbe parlato sempre più di depressione, addirittura considerata come una malattia invalidante, alla pari delle altre che colpiscono la stragrande maggioranza della popolazione mondiale.

Non c’è da meravigliarsi, quindi, se oggi è proprio la depressione a essere presa in seria considerazione come malattia, seconda soltanto a quelle di tipo cardiovascolare. Le stime parlano chiaro: in Italia sono 3,5 milioni le persone che ne soffrono, e 35 milioni in tutta Europa.

La parola “depressione”, per molti, rimane ancora un tabù: qualcosa di cui sarebbe meglio non parlarne, perché, magari, anche a sentirla nominare, si rischia di “essere contagiati”.

C’è poi, un’altra opinione, superficiale quanto ingiusta: quella secondo cui la depressione troverebbe un terreno più fertile in persone con un alto tenore di vita, magari quelle più ricche e agiate,per cui, per quest’ultime, sarebbe soltanto qualcosa che si potrebbe definire un capriccio,cosa mai più sbagliata!

La sindrome depressiva che lega a se, altre forme più o meno severe e invalidanti, è una patologia di quelle conosciute anche come “sommerse” perché non ha una risonanza come le altre patologie più comuni che i più conoscono come per esempio il diabete,l’ipertensione o il cancro, ma non per questo è un qualcosa a cui non si debba prestare la massima attenzione.

La depressione ha un impatto sulla società molto importante: un soggetto depresso, infatti, non possiede la stessa capacità di adattarsi facilmente a un ambiente di lavoro e spesso incontra difficoltà nel mantenere quel determinato posto di lavoro. Inoltre, una persona che soffre di depressione, il più delle volte, non si sente a suo agio, o meglio ancora, ha paura di esprimere le proprie difficoltà. Questo accade anche perché, in molto ambienti di lavoro, se un collega sente nominare quella parola, può pensare che tu non possa essere capace di svolgere il tuo lavoro al meglio, o, peggio, che tu possa rappresentare un ostacolo per gli altri.

Sicuramente la tematica è molto complessa e c’è ancora un grande lavoro da fare. È necessaria un’ informazione onesta e senza pregiudizi, che parli in modo chiaro e senza filtri di cosa sia il disturbo depressivo. Solo così, un numero sempre maggiore di persone potrà riuscire ad avere una visione lucida e consapevole riguardo questa realtà. L’auspicio è che, in un tempo non molto lontano, sempre più persone possano diventare veicolo di una sana informazione, contribuendo così ad aiutare più persone a ritrovare il proprio posto nel mondo.

Miriam Millaci 

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