Si sa, quest’anno non è stato uno dei più facili che abbiamo avuto: di colpo, ognuno di noi si è trovato vittima di un incubo. Da un giorno all’altro, persone quasi in quasi ogni parte del mondo hanno dovuto cambiare radicalmente le proprie abitudini e tutto per colpa di un virus! Nessuno si sarebbe potuto immaginare uno scenario simile, forse confinato fino a ieri solo nella fantasia di un film di Steven Spielberg.
Tutte le cose che davamo per scontate, le attività quotidiane legate ad una routine di tutti i giorni: il lavoro, le commissioni varie, le visite ai parenti ( il più delle volte controvoglia), figli che andavano a trovare quei genitori anziani magari un po’ lamentosi, per via dell’età e dei loro acciacchi, sono improvvisamente diventate qualcosa cui si è potuto dare un valore solo di fronte ad uno scenario simile.
Come dimenticare le tante multe che, in questo periodo, molto italiani hanno ricevuto per avere cercato, a tutti costi, di riprendersi quella libertà che le misure di sicurezza avevano tolto. In mezzo a questo scenario così drammatico, tutti si sono appigliati alle notizie che venivano dai media che, giorno dopo giorno, davano aggiornamenti simili un vero e proprio bollettino di guerra. In particolare, quelle provenienti dalla regione Lombardia, con la città di Bergamo una di quelle colpite dal maggior numero di morti in Italia.
Nonostante tutto ciò, tutti noi siamo rimasti attaccati ad una credo di tipo materialista che, ci ha fatto quasi dimenticare, quella dimensione soprannaturale che da tempo immemore ha sempre appartenuto all’uomo.
Questo tempo, segnato dalla sofferenza, ci ha dato la consapevolezza di quante fragilità ognuno di noi possiede, un po’ come se fosse diventato uno specchio per tutti sia nel bene che nel male. L’ormai famosa “distanza di sicurezza”, a cui per questo lungo tempo ci hanno obbligato a mantenere, ha rinforzato certe resistenze che ognuno di noi aveva.
La storia e la letteratura ci offrono numerosi esempi, di come in occasioni di carestie e pestilenze, la fede, e dunque la pratica dei culti religiosi, sia stata molto decisiva per coloro che erano stati provati da lutti e sofferenze i quali trovavano nella dimensione della fede, un proprio personale conforto. Eppure, durante questa pandemia, proprio le chiese sono state tra i primi luoghi a chiudere. La paura, condivisa anche da molti sacerdoti in linea con le misure di sicurezza, ha contribuito ad eliminare nei fedeli, anche quel poco di fede che poteva rimanere.
L’impossibilità prolungata di avere contatti, persino con i familiari più stretti, ha contribuito all’emergere di fobie e forme depressive che si sono acuite proprio in questo periodo. L’inizio e, si spera, anche la fine di questa pandemia resterà nella memoria per molto tempo, poiché ha provocato una crisi economica di portata mondiale, la perdita di persone care per molti, e un grave danno psicologico e morale per milioni di individui. Non possiamo che sperare che l’anno che verrà rappresentati una rinascita, e che possa farci dimenticare, come per miracolo, tutto ciò che di negativo abbiamo vissuto fino a oggi .
Miriam Millaci

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